Invecchiare non è mai stato, guardando indietro di qualche generazione, un processo di cui temere le conseguenze o da cercare di contenere ricorrendo ai metodi più disparati. Recentemente la società dei consumi, con l’incremento dell’aspettativa di vita, la crescita trasversale dei livelli di benessere e l’incremento di possibilità di esercitare potere nel periodo di vita adulta, ha contribuito alla diffusione del timore di invecchiare, talvolta già molto prima dell’età avanzata.
Si tratta di una condizione assai diffusa, e che non riguarda, come superficialmente si potrebbe essere portati a pensare, unicamente gli aspetti estetici e le loro modificazioni, né si presenta in modo disomogeneo rispetto ai generi, in quanto riguarda sia gli uomini sia le donne.
Di fronte al manifestarsi di questi vissuti, all’avanzare dell’età, al mutare del corpo e del suo funzionamento le reazioni sono altrettanto eterogenee: possono presentarsi tentativi più o meno controllabili e consapevoli di frenare il processo, un atteggiamento distaccato e fatalista, peggioramenti dell’umore, ansia e cambiamenti nelle abitudini alimentari, lavorative e sessuali.
L’invecchiare non solo è prevedibile, ma è anche un fenomeno naturale e inevitabile e, essendo ampiamente conosciuto e prevedibile, dovrebbe essere inserito nello sviluppo del ciclo di vita dei singoli e dei sistemi relazionali di cui fa parte. Talvolta invece rappresenta una condizione i cui segnali sono difficili da gestire e in grado di suscitare stress e disagio. Per molti secoli il processo di invecchiamento è stato accettato con minore difficoltà nelle evoluzioni delle identità dei singoli; la vecchiaia era associata al riposo, all’esperienza e alla saggezza, e non comportava l’essere messi ai margini dei percorsi produttivi, né delle dinamiche sociali e familiari. Nella realtà quotidiana, ad esempio sul lavoro non è infrequente incontrare contesti in cui i lavoratori maturi siano ritenuti, a torto, risorse meno pronte, preparate, disponibili e in grado di contribuire ai processi produttivi in misura ridotta; la situazione in realtà non corrisponde a questo pregiudizio e ne ho parlato in questo articolo.
Di fronte al venire meno delle prerogative delle vita adulta o anche solo al loro ridursi i singoli che si stanno confrontando con il passare degli anni possono mettere in atto varie strategie per ridurre l’impatto e il disagio del trascorrere del tempo.
Talvolta le idee relative a queste azioni o al timore del declino fisico, cognitivo, sociale, lavorativo o sessuale comporta disagio, con la presenza di pensieri ricorrenti, ansia, aumento del disagio nello stare a contatto con altri, panico, peggioramento dell’umore.
In breve tempo queste condizioni di passaggio e le loro conseguenze possono diventare molto difficili da gestire e il disagio, nonostante possibili sostegni da parte di familiari, amici, colleghi a contenerlo, potrebbe oltrepassare le risorse del singolo.
Un ciclo di incontri di ascolto e sostegno con unno psicologo si configura in tali condizioni come un punto di arrivo, in grado di fornire uno spazio in cui parlare senza essere giudicati, e , al tempo stesso, come un punto di partenza, per costruire nuove modalità per integrare il passaggio degli anni all’interno della propria identità.
La SPIM, Settimana di Prevenzione dell’Invecchiamento Mentale, cui aderisco per il secondo anno, si propone come uno spazio gratuito in cui accogliere dubbi e domande delle persone rispetto ai processi di mutamento innescati dal trascorrere del tempo, fornendo un check up gratuito delle capacità mentali e svolgendo un’azione informativa e preventiva. Dal 18 al 23 settembre sarà possibile usufruire, previa obbligatoria prenotazione da effettuarsi contattandomi, di una visita presso lo Studio Il Filo Rosa, Via Valle Borbera 24, Roma.
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