Non trovare un lavoro adeguato è un’esperienza comune e diffusa, ormai non più solo tra i giovani adulti. Interruzioni dei rapporti professionali, arresti della carriera, contratti a termine e saltuari sono esperienze comuni come lo sono periodi di disoccupazione e rifiuti alla propria candidatura.
Ripetute esperienze di fallimento professionale portano nella persona scoraggiamento e frustrazione, ma, a lungo andare, possono anche contribuire a produrre l’impressione di non avere più il controllo sulla situazione.
Tale vissuto, alla cui base è presente un’interazione tra componenti emotive e cognitive, può prendere la forma di un meccanismo psicologico noto come impotenza appresa.
La learned helplessness venne scoperta accidentalmente nel 1967 dallo psicologo americano Martin Seligman, durante una serie di esperimenti di laboratorio. Lo studioso aveva notato come un animale sottoposto ripetutamente a una scossa elettrica, impossibilitato ad evitarla, una volta messo nelle condizioni di poter fuggire dalla gabbia per evitare la scossa non fuggiva. In sintesi, l’animale aveva appreso che la situazione negativa era inevitabile e non dipendeva dal suo comportamento, per cui, anche quando effettivamente avrebbe potuto muoversi o saltare per fuggire, non lo faceva. In seguito Seligman ampliò i risultati di questi studi, estendendoli anche agli esseri umani, ponendo alcuni studenti in una situazione di disagio all’interno di una stanza nella quale era presente un forte rumore che gli studenti provavano a controllare ruotando manopole e premendo pulsanti, ma senza riuscire a far cessare il rumore. Successivamente gli stessi studenti venivamo posti in un’altra stanza dove era presente lo stesso rumore assordante, che però, questa volta, poteva essere controllato attraverso una manopola. Gli studenti tuttavia tendevano a non provare ad interrompere il rumore, dal momento che precedentemente avevano appreso che si trattava di una situazione fuori dal loro controllo.
L’impotenza appresa si riferisce quindi alla situazione in cui si è esposti a dinamiche che sembrano confermare che non può essere fatto nulla per controllare o migliorare le dinamiche, per cui si tende a non provarci nemmeno.
Dopo diversi colloqui di lavoro non andati positivamente, ad esempio, le persone si confrontano con l’impressione, frutto di valutazioni cognitive e stati emotivi, che trovare un impiego non dipenda dalle proprie capacità ma da altri fattori al di fuori dal loro controllo. Si apprende quindi di non poter fare nulla di concreto per risolvere la propria situazione, si sperimenta l’impotenza di fronte agli eventi, si finisce per dire “tutto è inutile”, “non ci provo nemmeno”, “oramai so già come andrà a finire”, ecc.
Non tutti però reagiscono allo stesso modo, alla base delle differenze si collocano le dinamiche legati alle interpretazioni degli eventi, a come si spiega la realtà. Ad esempio, un colloquio di lavoro o un concorso non andato bene potrebbe essere spiegato come:
- Incapacità
- Anzianità
- Inadeguatezza del lavoro
- Sfortuna
- Caratteristiche negative del datore di lavoro
- Accordi precedenti al colloquio o al concorso per favorire altri candidati
- Malessere occasionale
Il modo in cui si spiega la realtà determina i nostri comportamenti in reazione ad essa: emerge come chi si trova a pensare “Sono un incapace” oppure “Sono troppo vecchio per trovare un lavoro” tenderà ad identificare le cause degli eventi negativi come interne, stabili e globali.
Se ci si sente incapaci oppure troppo vecchi la colpa sarà del singolo, causa interna, le cose difficilmente potranno cambiare, stabilità, e inoltre ci si considererà incapaci in generale, non in riferimento ad una specifica situazione, globalità. Al contrario la persona che penserà “Probabilmente dovevano dare il posto a qualcun’altro”, spiegherà l’evento negativo in maniera esterna, dal momento che la causa non è imputabile a lui, instabile, infatti non è detto che in futuro debba ripetersi la stessa situazione, e specifiche in quanto si riferisce al quello specifico episodio.
Questa modalità di pensiero non preclude possibilità di nuovi tentativi, candidature e progettazioni della propria carriera al contrario della prima che si caratterizza per essere un circolo vizioso che si autoalimenta e mantiene le persone nel disagio e con grandi difficoltà a attivare cambiamenti positivi nella propria vita.
Ti capita di confrontarti o conosci qualcuno che si confronta con queste difficoltà legate al confrontarsi con ripetuti fallimenti e con la loro gestione. Momenti di ascolto e di confronto possono aiutare a ristrutturare la visione della propria situazione, producendo nuove visioni, rinnovando energie e promuovendo benessere.
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