Il sonno dei bambini è uno dei problemi più sentiti dai neogenitori; ecco alcuni spunti di riflessione per guadare al problema senza eccessivi allarmismi
foto di Sergio Tuccio
La struttura, il comportamento, le caratteristiche fisiologiche dei nostri neonati si sono formati migliaia e migliaia di anni fa, tra l’epoca dei cacciatori-raccoglitori e la rivoluzione agricola. Storicamente può sembrare un tempo assai remoto, ma dal punto di vista biologico rappresenta un fatto estremamente recente. Il modus vivendi dei nostri antenati ha sviluppato quelle caratteristiche di sopravvivenza che abbiamo oggi. Infatti, suggerisce l’antropologia, nonostante grandissime differenze culturali nel mondo, ritroviamo una base comune a tutti i neonati, che si è sviluppata in questo periodo in cui gli esseri umani sono stati “scolpiti” per adattarsi meglio al loro modo di vita.
I neonati dormono in maniera diversa dagli adulti, soprattutto perché hanno più sonno attivo (REM) che sonno passivo (non REM), per consentire la loro crescita neurologica.
Un neonato ha delle “aspettative biologiche” rispetto alle sue esperienze di sonno, in contrasto con le nostre “aspettative culturali” su come un bambino dovrebbe normalmente dormire.
Il sonno condiviso può rappresentare una scelta in accordo con le aspettative biologiche del bambino e in grado di superare pregiudizi culturali circa la necessità che la coppia recuperi l’intimità del proprio letto rapidamente e false credenze circa i possibili rischi di soffocamento, quasi sempre infondati a meno di specifici fattori di rischio.
La condivisione del sonno tra mamma e bambino sembra indurre numerosi aspetti positivi: i neonati trascorrono meno tempo nel sonno profondo, fase durante la quale sarebbe più difficile per loro svegliarsi da situazioni di apnea o pause respiratorie, i livelli di glucosio nel sangue sono più alti, le temperature corporee sono più stabili, gli episodi di pianto sono meno frequenti, l’allattamento si stabilisce meglio e i bambini aumentano di peso più velocemente.
Ad esempio, a differenza delle specie che cacciano, il cui latte è altamente proteico, ricco di grassi, povero di zuccheri e molto calorico, tanto da permettere alle madri di lasciare le tane, cercare il cibo e tornare per allattare; i cuccioli della nostra specie sono portati a ricercare un costante rapporto di prossimità con la mamma. Noi facciamo parte delle specie che “portano” i loro cuccioli, come le scimmie e in particolare i primati. Il nostro latte è stato disegnato per un cucciolo che viva costantemente con sua madre, che mangi frequentemente giorno e notte benché il mondo occidentale contemporaneo incoraggi da subito lunghe e frequenti separazioni del neonato dalla madre benché da questo contatto dipenda la sua sopravvivenza.
Appare plausibile, a condizioni che non ci siano altre condizioni di disagio, che i neonati che protestano, che hanno problemi di sonno, che possono diventare quasi fonte di disagio per i loro genitori stiano semplicemente cercando di migliorare quello che il loro corpo segnala essere una situazione pericolosa per la loro sopravvivenza: e cioè la separazione dalla madre.
foto di Sergio Tuccio
I neonati che non possono e non vogliono adattarsi ad un modello culturale arbitrario di separazione non sono meno intelligenti o meno creativi o meno maturi, sono, al contrario, probabilmente, più vigorosi e agiscono nel loro interesse e con gli strumenti a loro disposizione per cercare di ridurre la separazione. Appare ingiusto interpretare l’incapacità dei neonati di dormire soli come un fallimento del bambino o dei genitori. Non bisognerebbe aspettarsi che i bambini dormano tutta la notte a 2, 6, 8 mesi o più: è falso, si svegliano molto spesso, ma se sono vicini ai genitori spesso i genitori non se ne accorgono. Se invece si svegliano e sono soli, allora il loro scopo è di cercare di ridurre questa separazione, quest’isolamento, questo senso di abbandono col pianto.
I neonati portano la loro eredità biologica nel presente e il loro patrimonio di riflessi si confronta con il contesto a cui, progressivamente, come evidenzia la teoria del ciclo di vita, si adatta. Le nozioni dell’indipendenza fisiologica del neonato dalla madre sembrano essere state messe eccessivamente in risalto, perché questi sono i valori che la nostra società sostiene.
Riprendendo la frase del pediatra e psicologo infantile Winnicott: “Non esiste un neonato, esiste un neonato e qualcuno“, troviamo una bella immagine per cercare di capire la natura intrinsecamente relazionale della nostra specie e quindi anche del sonno dei nostri neonati e come la storia evolutiva umana ci suggerisca di considerarli.
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