Uno dei molti termini anglosassoni che abbiamo importato nella lingua italiana e divenuto ormai di uso comune designa quanti si occupano delle cure e dell’assistenza a un malato a una persona con disabilità come caregiver. Nei Paesi di lingua inglese si distinguono gli informal caregiver, curanti informali, per distinguerli dai formal caregiver, curanti formali, medici, infermieri e tutto il personale specificamente formato per prestare assistenza .
Non si può fare un discorso univoco su un tema talmente complesso, poiché ci sono molte diverse forme di cure che vengono prestate e molteplici implicazioni per le persone che se ne occupano.
Per gli operatori del sociale è possibile trarre beneficio attraverso percorsi o incontri di Danza Movimento Terapia rivolto ai temi e ai vissuti di chi si impegna professionalmente, mentre in questo articolo vorrei focalizzare l’attenzione sul ruolo dello psicologo per prevenire e gestire il disagio di chi si occupa di un proprio familiare.
In una società in cui la speranza di vita aumenta e ci si confronta con disabilità difficili da gestire giorno per giorno, sono in costante crescita i nuclei familiari che vengono a contatto con la difficoltà dell’assistenza continuativa, in risposta alle necessità di un proprio congiunto. Nel mondo contemporaneo il caregiver è una figura centrale, anche in ragione della contrazione di servizi assistenziali e riabilitativi.
Molti studi hanno mostrato come il caregiver, cioè colui che presta assistenza ad un proprio caro in virtù di un legame affettivo e/o familiare, possa risentire negativamente dell’impatto provocato dalla malattia invalidante del familiare sulla propria qualità della vita e sul benessere psicologico .
Chi assiste il malato soffre quanto il malato stesso, ma non sempre ne è consapevole o riceve adeguata assistenza.
Il caregiver di un malato lungodegente può avere compiti diversi a seconda del tipo di patologia e del decorso clinico; eccone un breve elenco:
- accompagna il familiare alle visite, parlando con i medici,
- si occupa delle formalità burocratiche e cura gli aspetti amministrativi ,
- si impegna per una corretta alimentazione e per le attività quotidiane
- monitora o somministra le terapie,
- cura l’igiene personale,
- offre sostegno e ascolto, anche nelle fasi più critiche.
Le attività di questo elenco, non certo esaustivo, comportano un notevole dispendio di energie fisiche e mentali e un completo stravolgimento di tutti gli ambiti della vita, lavorativa, familiare e sociale, senza contare le preoccupazioni per spese dirette e indirette; tutti questi aspetti sono tali da determinare un impatto negativo sulla salute e sulle condizioni psicologiche e relazionali della persona.
Oggi i casi di sofferenza fisica e psichica dei caregiver sono in aumento per la crescita del numero di caregiver stessi e per l’incremento dei compiti che gli si chiede di svolgere.
Lo psicologo è la figura a cui rivolgersi per comprendere e gestire meglio i propri vissuti e definire un percorso di sostegno per affrontare i cambiamenti nella propria esperienza di vita e in quella del proprio caro.
Ecco alcune caratteristiche del suo agire per il sostegno al caregiver:
- Offre un ascolto non giudicante,
- possiede strumenti specifici per comprendere vissuti e individuare possibili interventi,
- è in grado di aiutare a strutturare una rete con servizi, professionisti e associazioni del territorio,
- può realizzare azioni in grado di promuovere il benessere del malato e del caregiver.
Non si tratta di un’esigenza di secondo piano: un caregiver che sopporta un peso troppo grande o non ha occasioni per parlare dei propri vissuti sperimenterà una caduta del proprio livello di benessere, rischierà di ammalarsi con maggiore facilità e sarà sempre meno in grado di aiutare il proprio caro che ha bisogno di cure.
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